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Da oggi più facile creare una start up, ma l’esperto De Franceschi avverte: “Bisogna garantire ricadute territoriali”

Buone notizie per chi ha in mente di aprire una start up: da oggi in Italia diventa tutto più facile. Dal 20 luglio è infatti entrata in vigore una semplificazione da parte del Ministero dello Sviluppo Economico, che prevede l’abolizione dell’obbligo di ricorrere al notaio, in favore di una semplice firma digitale. Questo nuovo sistema determinerà un alleggerimento complessivo dell’iter per chi vuole costituirsi Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.s).

“Secondo i dati del Cerved in Italia ci sono 10mila start-up innovative – fa sapere il tributarista veneziano Alberto De Franceschi -, di cui 5.252 iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese e 4.943 potenziali non ancora iscritte”. Numeri positivi, ma non del tutto: “Dagli stessi dati emerge che tutte queste nuove start up non hanno prodotto, a oggi, una significativa ricaduta sul territorio in cui operano – evidenzia l’esperto -. In sostanza, non c’è un corrispettivo aumento della produzione”. I dati, infatti, attestano un incremento del fatturato nel comparto economico dei servizi in Italia (+1,1% tra il 2014 e il 2015) in parte dovuto proprio al lavoro di tutte queste start up, ma non un parallelo aumento nel settore dell’Industria (+0,3%). “Questo può dipendere da almeno due fattori – spiega De Franceschi -: o le start up nascono in Italia ma poi vanno a produrre i loro prodotti all’estero oppure restano confinate nell’ambito dei servizi (come, ad esempio, per l’invenzione delle app molto in voga) che non determinano però ricadute concrete, cioè non creano prodotti e quindi non contribuiscono al rilancio del settore manifatturiero, dando vita a nuove opportunità lavorative”.

Per questo, per De Franceschi, è necessario che gli incentivi alle nuove start up “privilegino proprio quelle realtà che portano in dote una reale utilità nel ciclo economico/produttivo”. E questo vale soprattutto per il Veneto dove la Regione ha predisposto due bandi (Link) per supportare la nascita di nuove imprese, sia attraverso incentivi diretti sia attraverso l’offerta di servizi e interventi di micro-finanza, per un importo di 4,5 milioni di euro per il primo bando e di 5 milioni di euro per il secondo. Per partecipare al primo bando c’è tempo fino al 27 luglio 2016, mentre per il secondo fino al 27 ottobre.

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De Franceschi- Ad Albignasego un incubatore di imprese per sostenere start up vincenti e innovative

Promuovere le nuove idee e l’imprenditoria locale, ravvivando il tessuto finanziario veneto grazie a una sinergia tra pubblico e privato. Questi gli obiettivi che si pone il nuovo incubatore di impresa che nascerà ad Albignasego (PD). Dopo Santa Maria di Sala (VE), comune che vanta una delle aree industriali più ricche e giovani della provincia di Venezia, tocca a Padova, che si candida a diventare un hub di sviluppo e sostegno alle nuove imprese.

Ad appoggiare l’iniziativa, promossa dal Comune di Albignasego e dall’Assessorato alle attività produttive, anche questa volta, c’è l’Associazione 2010 presieduta da Alberto De Franceschi, consulente aziendale. “L’incubatore riceverà i finanziamenti da un Programma Operativo Regionale (POR) di 4 milioni e mezzo di euro, stanziati per lo sviluppo delle nuove imprese -fa sapere De Franceschi -. Ad Albignasego vogliamo creare un centro che raccolga idee e intuizioni imprenditoriali a favore di una nuova progettualità. Non solo, prevediamo anche un percorso di assistenza: gli imprenditori verranno indirizzati verso gli strumenti economici e finanziari utili a sviluppare la loro idea di business, verificando inoltre che sia un’idea vincente, funzionante anche nel lungo termine”.

Entusiasta Gregori Bottin, vicesindaco del Comune di Albignasego con delega alle Attività produttive, che commenta: “Siamo felici di questo traguardo. In un comune come Albignasego un amministratore deve comportarsi come un manager: per garantire ai suoi cittadini un comune sano occorre offrire delle opportunità. Il mondo non si ferma e il nostro compito è quello di trovare nuove soluzioni e creare sinergie con il resto del territorio. In questo caso, con liberi professionisti e aziende private”.

“Nel nostro territorio – conclude De Franceschi – abbiamo delle eccellenze veramente invidiabili, dunque se ci attrezziamo possiamo essere competitivi anche in Europa, dove siamo già visti come polo di interesse. Bisogna semplicemente spingere per creare la nostra identità ed essere i primi a creare le opportunità perché questa emerga”.

Brexit, De Franceschi: “Ora Londra meno attrattiva per le start up e per l’export”

Quali i possibili vantaggi e svantaggi che potrebbero avere le startup, e più in generale tutto il mercato dell’innovazione, alla luce del Brexit? Alberto De Franceschi, consulente aziendale veneziano e promotore dell’incubatore NoaleStart, evidenzia: “Londra è ormai un consolidato punto di riferimento degli investimenti in Europa, il vero e proprio hub. Ma ora anche le startup italiane possono valutare meno appetibile Londra visto lo spostamento degli investitori su piazze come Berlino e Parigi, creando così più opportunità anche per altri luoghi Veneto compreso”.

Effetti potrebbero esserci anche da un punto di vista lavorativo. “Le limitazioni aggiuntive nei flussi migratori renderanno difficile la libera circolazione delle persone e danneggeranno inevitabilmente il mercato del lavoro britannico. Ma da un’altro punto di vista agevoleranno i nostri giovani a guardare meglio le opportunità del proprio territorio”.Il Regno Unito è così più isolato, con la possibilità di un aumento di dazi doganali alla circolazione delle merci. Oltre il 50% delle importazioni inglesi viene dall’Unione Europea, con oltre la metà di questo import dall’Europa che serve come ‘bene intermedio’, ovvero è utile a produrre altri beni e servizi Made in England.  Senza un accordo di libero scambio successivo alla Brexit entro il 2020, il PIL britannico potrebbe calare del 5%”.

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