www.gammacomunicazione.it

Il sottosegretario Baretta alla tavola rotonda sulla Brexit (ELSA Padova): “L’Inghilterra subirà danni notevoli, avendo investito sulla finanza sacrificando il manifatturiero, al contrario dell’Italia”

Nel pomeriggio di oggi, giovedì 18 maggio, il sottosegretario all’Economia e alle Finanze Pier Paolo Baretta ha preso parte ad una tavola rotonda economico-giuridica sugli aspetti finanziari del post Brexit intitolata “L’Unione Europea dopo la Brexit: opportunità o inizio del declino? Per una nuova leadership finanziaria dell’Italia” organizzata da Elsa (The European Law Students’ Association), nell’aula Nievo al palazzo del Bo, Padova.  All’incontro, moderato da Katy Mandurino giornalista de “In Sole 24 Ore”, hanno partecipato il prof. Matteo De Poli docente di giurisprudenza all’università di Padova, il prof. Francesco Zen, docente di Economia all’università di Padova e il dott. Roberto Caporale, economista e manager, autore del libro “Exeunt. La Brexit e la fine dell’Europa”.

“Il dato di fondo è l’incrinatura di un processo storico di cui l’Inghilterra faceva parte – ha affermato Baretta –. Loro subiranno certamente dei danni notevoli: nonostante abbiano investito molto per diventare una piazza finanziaria, hanno sacrificato la struttura manifatturiera, che, per inciso, in Italia rimane molto forte. Penso dunque che in un mondo integrato, chi sceglie l’isolamento pagherà pegno nel medio periodo. Chiaro che la loro scelta sottende un’idea di autosufficienza”.

“D’altra parte – ha aggiunto Baretta –, penso che sia stato sbagliato il negoziato con la Gran Bretagna: l’Europa ha gestito un negoziato con l’idea che bisognasse a tutti i costi trattenerla all’interno dell’Ue. Concessione dopo concessione, l’Inghilterra ha dunque preso tutto ciò che poteva prendere, per poi staccarsi. Paradossalmente, il nuovo negoziato potrebbe invece suscitare l’effetto opposto, per questo bisogna prestare attenzione: è difficile pensare ad una struttura di futuro indipendentemente dalla Gran Bretagna. Il negoziato dovrà dunque essere molto fermo sull’uscita, ma anche flessibile sui percorsi: dalla libera circolazione, al passaporto”.

“Abbiamo dunque bisogno di prendere, se mai la Brexit ci sollecita a farlo, delle decisioni sull’Europa evitando tuttavia un approccio emotivo: al di là della vittoria di Trump o di Macron, viviamo un conflitto storico. Abbiamo bisogno che si irrobustiscano le condizioni dello stare insieme. Se immaginassimo di completare un percorso che porti all’elezione diretta dei governatori dell’Europa in cambio di una cessione di potere, innescheremmo un forte processo democratico, di responsabilizzazione delle popolazioni. E l’unico anticorpo contro il rischio della “germanizzazione” sarebbe per l’appunto l’innalzamento del tasso democratico”.

TTIP, De Franceschi: “Negoziati falliti solo a causa Brexit”

La Gran Bretagna è “un cane sciolto” che può commerciare con i 53 paesi del Commonwealth e se ne “infischia” degli accordi con l’Ue.

 Il trattato di libero scambio Usa-Ue è fallito. A dirlo il vicecancelliere e ministro dell’Economia tedesco, Sigmar Gabriel, secondo cui “come europei non possiamo accettare supinamente le richieste americane”. Per il tributarista veneto Alberto De Franceschi la vera ragione del naufragio del trattato, però, “nasce solo in seguito ad alcuni fatti importantissimi. Brexit, ad esempio, che ha rotto gli schemi di accordo e ha fatto cambiare posizione a molti, Hilary Clinton compresa”.

Perchè? “Semplice – spiega l’esperto -. La Gran Bretagna ha un trattato, il Commonwealth, che, con i suoi 53 Stati aderenti, le consente di ‘infischiarsene’ di accordi con l’Europa: grazie ai Paesi del Commonwealth (come, giusto per fare due esempi, Canada e Hong Kong, etc.) può commerciare ciò che vuole sia negli Stati Uniti che in Europa”.

“Con Brexit la Gran Bretagna non ha più vincoli e questo la rende di fatto un cane sciolto – incalza De Franceschi -. Non a caso ha già paventato la rottura dell’embargo con la Russia e la ripresa delle trattative commerciali. Cosa che a noi italiani è costata tantissimo e che così facendo invalida qualunque azione repressiva americana nei confronti della Gran Bretagna”.

In ogni caso, avverte De Franceschi, i negoziati non sono chiusi, ma solo rimandati, anche in attesa delle prossime elezioni presidenziali americane. “Li ritroveremo rimodulati con ogni probabilità e rinominati, per camuffarli – avvisa -. A questo punto, visto che non vi è alcun accordo ufficiale che giustifichi ancora l’embargo russo che tanto ci sta danneggiando, forse è il caso di anticiparne la decadenza prima che lo faccia la Gran Bretagna”.

Brexit, De Franceschi “Grandi opportunità per l’Italia e la finanza creativa”

L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea non determinerà perdite devastanti, ma anzi darà nuovi incentivi alla finanza creativa, e alle start up – soprattutto quelle italiane – che vorranno trovare un terreno fertile in cui far partire il proprio business con importanti agevolazioni fiscali. La posizione, già espressa dal tributaria veneziano Alberto De Franceschi, trova oggi conferma anche dalle pagine del Financial Times, che mette in luce le opportunità della Brexit per le imprese italiane. “La Gran Bretagna si candida ad essere il prossimo paradiso fiscale, una realtà che comunque è sempre esistita grazie al Commonwealth e alle deroghe della CEE, come ad esempio l’autonomia monetaria”. Restare in Europa nei prossimi anni, avvisa De Franceschi, avrebbe comportato la perdita di questi privilegi e vantaggi. “Basti pensare che già oggi molti italiani investono e depositano grandi somme di denaro a Londra. Quindi l’uscita della Gran Bretagna rappresenta una opportunità per tutte le piccole e medie imprese che desiderano far partire la propria idea di business in un regime fiscale positivo e vantaggioso”.

Brexit, De Franceschi: “Ora Londra meno attrattiva per le start up e per l’export”

Quali i possibili vantaggi e svantaggi che potrebbero avere le startup, e più in generale tutto il mercato dell’innovazione, alla luce del Brexit? Alberto De Franceschi, consulente aziendale veneziano e promotore dell’incubatore NoaleStart, evidenzia: “Londra è ormai un consolidato punto di riferimento degli investimenti in Europa, il vero e proprio hub. Ma ora anche le startup italiane possono valutare meno appetibile Londra visto lo spostamento degli investitori su piazze come Berlino e Parigi, creando così più opportunità anche per altri luoghi Veneto compreso”.

Effetti potrebbero esserci anche da un punto di vista lavorativo. “Le limitazioni aggiuntive nei flussi migratori renderanno difficile la libera circolazione delle persone e danneggeranno inevitabilmente il mercato del lavoro britannico. Ma da un’altro punto di vista agevoleranno i nostri giovani a guardare meglio le opportunità del proprio territorio”.Il Regno Unito è così più isolato, con la possibilità di un aumento di dazi doganali alla circolazione delle merci. Oltre il 50% delle importazioni inglesi viene dall’Unione Europea, con oltre la metà di questo import dall’Europa che serve come ‘bene intermedio’, ovvero è utile a produrre altri beni e servizi Made in England.  Senza un accordo di libero scambio successivo alla Brexit entro il 2020, il PIL britannico potrebbe calare del 5%”.

My Agile Privacy
Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione. Cliccando su accetta si autorizzano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su rifiuta o la X si rifiutano tutti i cookie di profilazione. Cliccando su personalizza è possibile selezionare quali cookie di profilazione attivare.